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Massimo Coen

Sono trascorsi vent'anni dalla sua prima registrazione, Acqua, terra, aria, fuoco, per violino e nastro magnetico. Il primo brano composto da Massimo Coen, ricco delle asprezze tipiche del linguaggio d'avanguardia degli anni '70, è il frutto di un percorso artistico del tutto originale, sviluppato su un doppio binario: da un lato l'esperienza, già allora ventennale, come interprete di musica classica e contemporanea (aveva fondato il gruppo di musica da camera I Solisti di Roma nel 1961 e il quartetto Nuova Musica nel 1963), dall'altro, l'attività di improvvisazione al pianoforte e al violino, che lo aveva portato a contatto, già alla fine degli anni Sessanta, con gli esponenti di punta dell'avanguardia musicale colta, soprattutto nell'ambito di Nuova Consonanza e del mitico Beat '72, dove collaborò strettamente con Franco Evangelisti, Egisto Macchi, Mauro Bortolotti, Domenico Guaccero, Salvatore Sciarrino, Franco Donatoni, Giacinto Scesi, Vittorio Gelmetti, Antonello Neri, Giancarlo Schiaffini e Francis Uittl.
L'episodio-chiave che accelerò i tempi di questa nuova fase fu la scoperta, nel 1979, del brano Pièce pour Ivry di Bruno Maderna, una sorta di mosaico sonoro in cui l'nterprete diventa anche compositore, "reinventando" ogni volta l'ordine di esecuzione delle diverse porzioni della partitura. Per Massimo Coen, dunque, la composizione non era altro che la quadratura del cerchio, l'esito naturale di un percorso a geometria variabile. D'altronde il personaggio non ha mai nascosto la sua vocazione all'eclettismo, spaziando dalla musica barocca ai classici del Novecento, fino alle opere dei giovani compositori di oggi. Una vocazione mai abbandonata, come testimonia la lunga collaborazione creativa con il regista teatrale Carlo Quartucci (La Zattera di Babele, presente al Festival di Vienna, 1986 e al Festival di Kassel Documenta ''79), con la danza di Adriana Borriello e gli sconfinamenti nel mondo del jazz (Giorgio Gasllini, Kenny Wheeler, Steve Lacy, Bruno Tommaso e Miroslav Vitous).