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Sottovoce

Una presentazione in forma di dialogo

Yvonne: Perché Sottovoce'?

Riccardo: Fondamentalmente perché nella nostra società chi ha più mezzi ha più voce, una voce più forte e più ascoltata: parla chi ha i mezzi per diffondere, l'autorevolezza, il tempo e la voglia di fÙrsi ascoltare. Chi di mezzi ne ha pochi è costretto a parlare, appunto, Sottovoce, come è per esempio accaduto per le vittime del genocidio...

Y:...della popolazione ruandese nel 1994. Già, il Ruanda. Ho preso una parte di una poesia scritta da un ruandese in commemorazione del genocidio del 1994 e ne ho inciso i versi su 8 delle 16 tavole: sono parole che potrebbero essere dedicate a tutte le vittime dei genocidi del Novecento.

R: Perché hai preso come spunto per le tavole le immagini dei suoni rappresentate dal computer?

Y: Quando mi è capitato di "vedere" dei suoni elettronici ho pensato che fossero graficamente molto interessanti. E allora mi è venuta l'idea di l'arti selezionare dei suoni per comporre un brano musicale. Suoni-segni che avrei rappresentato su delle tavole di argilla.

R: Curiosamente, né la parte visuale né quella sonora sono sottoposte l'una all'altra, ma tutte e due derivano da un aspetto che di solito non viene preso in considerazione. Le scelte dei suoni-segni da impiegare sono avvenute in base al maggiore o minore interesse grafico della rappresentazione sonora. Ma tu, per le tavole, quali tecniche hai usato?

Y: Le tavole sono state cotte adoperando la tecnica raku. Antica tecnica giapponese usata per le ciotole della cerimonia del tè. Metodo modificato oggi giorno che consiste nel togliere dal forno la ceramica incandescente, a circa 9000, per poi trattarla con materiali adatti alla fumigazione e alla riduzione dell'ossigeno. E tu, come hai concepito questa composizione?

R: Ero in un certo modo obbligato a utilizzare principalmente i suoni che avevamo scelto insieme, e questa, più che un vincolo, è stata una sfida. Quasi tutto il pezzo è costituito da suoni vocali, sia sintetici, sia registrati (la voce è di Giorgio Bandiera). Non c'è un testo vero e proprio, anche se la poesia ruandese sta, come dire, sotto a tutto il pezzo come un fiume sotterraneo.